lunedì 18 maggio 2009

L’UOMO CHE GUARDAVA LONTANO



Ho già detto che in un certo senso Caravan ha un precedente nella storia del fumetto bonelliano: nel 1967 La Storia del West di Gino D’Antonio presentava un fumetto che non aveva un protagonista fisso, ma raccontava la storia di una famiglia (i MacDonald) nell’arco di quasi un secolo.

Sto rileggendo la serie in quella che può essere considerata l’edizione “definitiva” uscita a metà degli anni ottanta, che comprende alcune integrazioni realizzate da D’Antonio (con i disegni di Renato Polese). E, a parte il piacere di leggere storie avvincenti e dense, colpisce la forza dell’ispirazione che aveva sorretto D’Antonio in un’impresa, mi pare, tutt’oggi ineguagliata.

A metà degli anni sessanta, in Italia, il fumetto era ancora “roba da bambini”. E se lo si voleva considerare da un punto di vista adulto, lo si considerava comunque intrattenimento. Non era ancora stata inventata la dicotomia “fumetto popolare” e “fumetto d’autore” per distinguere, sia pure goffamente, un fumetto–intrattenimento e un fumetto con aspirazioni artistiche. Il fumetto era popolare intrinsecamente, realizzato in fretta per essere consumato in fretta e senza stare a pensarci troppo. La documentazione era considerata un lusso, in un’epoca in cui le pubblicazioni a fumetti erano quindicinali e addirittura settimanali. E comunque, vendevano centinaia di migliaia di copie.

Ma a Gino D’Antonio questo non bastava. Insieme a Renzo Calegari (il cui impegno però si limitò alla fase iniziale) concepì un’opera che doveva restituire al selvaggio West la sua verosimiglianza, e che gli permettesse di essere lo specchio del nostro tempo. E che facesse tutto questo lasciando intatto il fascino dell’Avventura.

Alla fine, il risultato della Storia del West sarebbe stato un lavoro titanico di circa 7.000 pagine a fumetti, una cavalcata lunga tredici anni (la serie, pubblicata a scadenze irregolari all’interno della collana Rodeo, terminò nel 1980). Non so se e quanto all’epoca gli autori se ne rendessero conto.

Quello che è certo è che D’Antonio si era posto un obiettivo a dir poco ambizioso. Un obiettivo che presumeva, oltre a una capacità quasi sovrumana di disciplinare la propria creatività, una fede incrollabile nelle possibilità del medium fumetto, dei lettori, e infine dell’editore (o meglio dell’editrice, che all’epoca era la signora Tea Bonelli).

E non era certo un nerd, Gino D’Antonio, né un nevrotico intellettuale. Non so nemmeno se parlando di sé si definisse un artista. In un'intervista definì i suoi studi “disordinati” e disse: “Ho provato varie cose: il liceo Classico, lo Scientifico, ma non li ho portati a termine. Non ho fatto studi artistici, anche perché non ci pensavo minimamente”.

Gino D’Antonio, semplicemente, era uno che guardava lontano.

Due brevi considerazioni, per concludere. La prima è che lo stesso 1967 in cui D’Antonio iniziava La Storia del West vedeva la pubblicazione di un’altra opera seminale per il fumetto italiano (e non solo): Una ballata del mare salato. Hugo Pratt e Gino D’Antonio erano coetanei, nati entrambi nel 1927.

La seconda è che oggi non solo sarebbe difficile realizzare un’opera simile, sarebbe difficile già concepirla. Perché non avresti la garanzia di pubblicarla. Negli anni sessanta, Tea Bonelli accettò di pubblicare la serie a scadenze irregolari. (In pratica, appena un albo era pronto veniva inserito nella Collana Rodeo, che alternava le uscite della Storia del West con la ristampa di vecchio materiale o con albi autoconclusivi). E negli anni ottanta Sergio Bonelli ristampò la serie in una nuova veste grafica, permettendo a D’Antonio di integrarla con nuovi episodi e redazionali.

Sono sicuro che oggi ci sono ancora autori che, come Gino D’Antonio, guardano lontano. Non sono sicuro che ci siano altrettanti editori.

PS. L’intervista sopra citata, a cura di Antonio Galati e Franco Spiritelli, è stata pubblicata su Fumo di China n. 50, aprile 1997.

Per chi volesse sapere tutto su La Storia del West, nel sito di uBC è presente un’ampia sezione dedicata alla serie.

4 commenti:

Kromo ha detto...

quoto totalmente... la mia collezione troneggia proprio qui di fianco al monitor... visto che sono del '74 la versione è rossa.
non vedo l'ora di tuffarmi nel tuo nuovo progetto!

mi auguro che sia un viaggio "verso l'ignoto"... in tuti i sensi.
ciao.

Daniele Mocci ha detto...

Condivido in pieno le tue parole su D'Antonio e sulla sua Storia del West, opera fondamentale che avrebbe bisogno di essere rispolverata un po' "da" e "per" tutti... autori, lettori e, soprattutto, editori!

(Ma anche a critici, giornalisti e recensori non farebbe per niente male!!!)

Però, se Bonelli pubblica Caravan e se Caravan, per certi suoi caratteri strutturali, è accostabile all'opera di D'Antonio, allora in Italia abbiamo almeno un autore e un editore che nel 2009 (dato, anzi, DATA non trascurabile!) sanno ancora guardare "lontano".

Aggiungiamo infine i lettori che lo acquisteranno di sicuro e quelli che lo scopriranno "per strada" e...

dai!...

Qualche speranza c'è!

MaxBrody ha detto...

Magari mi sbaglio, ma credo che questo Classico del fumetto sia abbastanza "dimenticato" proprio da chi dovrebbe promuovere il fumetto in sè; fra l'altro non si tratta di un fumetto "normale", ma di un'opera innovativa sotto molti aspetti, e una qualche mostra/convegno dedicatale non sarebbe sbagliata..

Michele Medda ha detto...

@MaxBrody: che la SdW non sia un fumetto "normale" è poco ma sicuro. E' una pietra miliare. E ti assicuro che tra i professionisti ha tutta la considerazione che merita. Anche l'attenzione critica non è mai mancata, e in qualche modo è ancora viva nel web (lo dimostra la corposa sezione dedicata alla SdW su uBC). Quanto alle mostre-convegno, la vedo dura. E non solo perché il Western oggi non è più popolare come quarant'anni fa, ma per un motivo molto pratico.
Gino D'Antonio non c'è più, e i disegnatori Renato Polese e Sergio Tarquinio sono ultraottantenni.
A proposito di Tarquinio, è di Cremona, e ho scoperto che è possibile visitare - previo appuntamento - la mostra dei suoi lavori fumettistici e pittorici. Tutte le informazioni sul sito www.famigliatarquinio.it